Bellezze dimenticate
Bellezze dimenticate è un excursus di immagini tra alcuni dei luoghi più suggestivi di Marigliano. Luoghi che parlano di vite vissute, di lavoro e produttività, di arte e religione: di vita. Luoghi dimenticati e spesso lasciati in balia dell’azione distruttiva del tempo e della maleducazione umana. È da qui che siamo voluti (ri)partire, ed è questo il motivo che ci ha spinti ad ambientare gli scatti del nostro calendario in questi magnifici luoghi. Perché la rinascita non può mai prescindere dal ricordo. Non si può costruire il futuro senza conoscere e valorizzare il passato. Dodici mesi per non dimenticare!
Masseria Pugliese
La masseria Pugliese è ubicata in un’antica zona agricola del comune di Marigliano. E un complesso rurale di intatta suggestione caratterizzato da un aggregato di fabbricati dalle diverse funzioni distribuiti attorno ad un’aia comune. Accanto al più alto fabbricato con una scala esterna su arcate che conduce ai vani adibiti ad abitazioni, si snoda una serie di locali adibiti a deposito attrezzi, un pozzo, un forno a legna e la cantina, un fabbricato con tetto a doppio spiovente e copertura in coppi che custodisce al suo interno un monumentale “Torchio” a vite in legno e pietra. Costruito intorno al 1830, come si evince dalla data incisa sul legno della maestosa vite che sostiene l’enorme masso utilizzato per pigiare fino a dieci quintali di uva, l’imponente macchinario fu certamente utilizzato fino al 1950 quando la coltivazione della vite fu sostituita dalla produzione orticola e dal frutteto. Il pregevole Torchio attualmente versa, purtroppo, in stato di abbandono ma per la sapiente maestria dei suoi realizzatori merita di essere tutelato come testimonianza del lavoro e delle capacità artigianali delle maestranze dell’epoca come l’intero impianto della Masseria che, per i lavori architettonici ed etnoantropologici, rappresenta un complesso rurale meritevole di conservazione da tramandare alle future generazioni. (cit. Associazione Culturale Oltremarigliano)
Il campanile
Rasente alla chiesa dell’Annunziata s’eleva il Campanile la cui “struttura, scrive Mons. Mautone, benchè sente di un’architettura di decadenza e di poco buongusto, pure in ogni età lo è stato non solo dai transitanti per questa via consolare oggetto di ammirazione, ma anche di speciale simpatia pei Naturali. E’ adesso distribuito in cinque ordini o piani, dei quali i primi tre hanno pianta quadrata, ed i due superiori sono ottagoni, il cui finimento è un cupolino costruito a foggia di una pera perfetta, di cui la superficie è congegnata di mattoni di speciale colore e con varie strisce a disegno. L’altezza è di centosessanta palmi non compresa la palla superiore, la banderuola e 1a croce di ferro”. Il campanile, la cui costruzione risale alla fine del secolo XV, ha subito dal 1793 numerosi interventi di consolidamento per evitarne il crollo o la demolizione, a seguito di terremoti o della caduta di fulmini. Il sisma del novembre 1980 distrusse totalmente il cupolino. Esso è stato rifatto -a giudizio dei tecnici- senza alcun rispetto dell’istanza estetica nè della filosofia dell’intervento. Le preesistenti mattonelle che richiamavano il Chiostro del Vaccaro in Santa Chiara a Napoli sono state sostituite da freddi quadrelli di rame. (cit. prof. Carlo Borriello)
Chiesa del Sacramento
Annessa al Monastero i monaci di Montevergine edificarono alla fine del 1500 la Chiesa del Sacramento. Nel 1684 costruirono il piccolo campanile da parte dell’altare maggiore presso la cupola, dove venne apertoun passaggio per poter suonare le campane anche di notte. La chiesa, in stile barocco, è a una sola navata con stucchi, abside balaustrata e cantoria del Settecento. Nel soffitto di legno è collocata la tela della “Madonna delle Grazie con S.Guglielmo” di Pilippo Vitale, un pittore che lavorò parecchio nel territorio. Dello stesso artista sono i dipinti di “S.Benedetto con S.Guglielmo”, della “Madonna di Montevergine”, di “S.Donato” e di “S.Lucia con S.Agata” che sormontano gli altari, rispettivamente, da destra a sinistra, laterali della navata. Sull’altare maggiore si conserva la tela del “Sacramento con Angeli e due confratelli in adorazione”. Ai lati sono visibili gli stemmi dell’Ordine verginiano e della Famiglia Toppi. Questa si era trasferita a Marigliano da Pavia alla fine del 1600. Anselmo Toppi fu vescovo di Termoli. E’ sepolto nella Collegiata. Nella chiesa del Sacramento fu fondata nel 1735 una Confraternita di laici con scopi di pietà, di culto e di beneficenza. Essa divenne Arciconfraternita nel 1846 col privilegio di aggregarsi le confraternite minori. L’Arciconfraternita era la congrega nobile della città. I confratelli indossavano una tonaca di seta biancae una mantellina rossa con volano d’oro e d’argento. Il cappuccio che copriva la testa, come si nota nella tela sull’altare maggiore, aveva due fori attraversi i quali si vedeva il confratello. Dal collare di seta rossa pendeva un medaglione con l’immagine del Sacramento. I confratelli accompagnavano il Sacramento agli infermi e nel giorno della sua festività dotavano le ragazze povere da marito. Essi venivano seppelliti sotto il pavimento della chiesa. Si svolgevano nel Sacramento, chiuso per restauri, gli uffizi dei morti. Un catafalco nero, a più piani, si collocava al centro della navata che veniva avvolta dal fumo dell’incenso e inondata dalle meste note del “dies irae”. (cit. prof. Carlo Borriello)
Villa Nicotera
La villa, costruita nella seconda metà del Seicento per i baroni Nicotera è un imponente quanto rappresentativo esempio del patrimo olte a padiglione degli ambienti inferiori ma soprattutto la decorazione pittorica delle sale. Gli affreschi più antichi, posizionati nelle scale e sulle sovraporte delle camere raffigurano paesaggi arcadici e nature bucoliche e risalgono per lo più alla seconda metà del XVIII secolo. Vero e proprio capolavoro è invece la decorazione pittorica della grande sala da pranzo realizzata tra il 1863 e il 1867 dal celebre Giuseppe de Nittis, allievo di Domenico Morelli, le cui pitture rappresentano preziose testimonianze della cosiddetta “Scuola di Resina”, corrente artistica attiva nel XIX secolo e sviluppatasi sul tema del verismo, sono in forte stato di abbandono. (cit. Antonio Cangiano – Corriere del Mezzogiorno)